I cittadini stranieri con antenati italiani, possono fare la richiesta di riconoscimento della cittadinanza italiana
Ai cittadini stranieri maggiorenni discendenti di cittadini italiani
La richiesta di riconoscimento del possesso della cittadinanza italiana iure sanguinis, e cioè attraverso la linea di sangue, riguarda i discendenti di cittadini italiani nati in uno Stato che invece prevede la cittadinanza ius soli (cioè chi nasce in quello Stato ne è cittadino). E’ il caso dei Paesi americani e dell’Australia.
La competenza ad effettuare il riconoscimento della cittadinanza italiana è del Sindaco del Comune dove l’interessato ha stabilito la residenza.
Si precisa che per il riconoscimento della cittadinanza iure sanguinis non è possibile:
avvalersi di un legale rappresentante del richiedente o di qualcuno in sua vece, in quanto dovrà essere verificata la dimora abituale dell’interessato.
Il Ministero dell’Interno con proprie Circolari n. 26 del primo giugno 2007, e la n. 4 del 20 gennaio 2009, ha sottolineato l’importanza che gli ufficiali di stato civile prestino la massima attenzione «nell’acquisizione e nella valutazione dei documenti che vengono presentati ai fini dell’acquisizione della cittadinanza italiana per discendenza … al fine di contrastare e prevenire il fenomeno della falsificazione degli atti nell’ambito delle procedure in materia di cittadinanza. Tanto considerato si ribadisce la necessità dell’effettuazione di maggiori e più accurati controlli sui documenti presentati a corredo delle pratiche di riconoscimento della cittadinanza italiana.».
Pertanto, l’ufficiale di stato civile deve sempre effettuare verifiche approfondite relativamente agli atti prodotti, ed, in caso di dubbio, prendere contatti con il Consolato competente per accertare la veridicità del documento presentato.
Per la richiesta dei residenza è necessario rivolgersi all'Ufficio Anagrafe.
Per il riconoscimento della cittadinanza italiana è necessario rivolgersi all'Ufficio di Stato Civile
I documenti da presentare al momento della presentazione della domanda di iscrizione in anagrafe sono i seguenti:
Istanza di iscrizione anagrafica.
Passaporto o documento equipollente in corso di validità.
Un valido titolo di soggiorno tra quelli seguenti:
Permesso di soggiorno.
Richiesta di rilascio di un permesso di soggiorno per lavoro subordinato o ricongiungimento famigliare.
Per coloro che sono entrati in Italia da meno di 45 giorni e che provengono da un paese che non applica l'accordo di Shengen, il timbro Shengen sul documento di viaggio apposto dall'autorità di frontiera.
Per coloro che sono entrati in Italia da meno di 45 giorni e che provengono da paesi che applicano l'accordo di Shengen, copia della dichiarazione di presenza resa dal Questore entro 8 giorni dall'ingresso, ovvero della dichiarazione resa, ai sensi dell'art.109 del r.d. n.773/1931, ai gestori di esercizi alberghieri e di altre strutture ricettive.
Documentazione idonea a dimostrare il possesso dei requisiti necessari per poter avviare il procedimento finalizzato al riconoscimento della cittadinanza italiana ai sensi dell'art.13, c.1, della L. n.91/1992; (vedi punti successivi).
Codice fiscale.
Documenti originali, in regola con le norme sulla traduzione e la legalizzazione, comprovanti lo stato civile e la composizione della famiglia (si tratta di documentazione non obbligatoria ai fini dell'iscrizione anagrafica, che però risulta indispensabile affinchè l'ufficiale d'anagrafe possa legittimamente registrare agli atti i dati gli status personali e familiari).
Dichiarazione se si è in possesso di una patente valida in Italia e la proprietà di auto, moto, rimorchi, nave o aereo, registrati nei pubblici registri italiani.
L'iscrizione anagrafica è subordinata, prioritariamente, alla verifica di alcuni requisiti, in particolare quello della dimora abituale, pertanto l'ufficiale di anagrafe dovrà controllare la veridicità delle dichiarazioni dell'interessato attraverso accertamenti, anche ripetuti presso l’abitazione dichiarata dal richiedente, tramite il corpo della Polizia Municipale, mediante l'acquisizione di informazioni da parte di amministrazioni e uffici pubblici e privati.
In mancanza di uno dei requisiti richiesti, l'ufficiale di anagrafe dovrà rigettare l'istanza di iscrizione anagrafica.
Qualora il procedimento di riconoscimento della cittadinanza italiana non si concluda entro i primi 90 giorni dall’ingresso in Italia, il cittadino straniero dovrà richiedere, se non ne fosse già in possesso, un permesso di soggiorno per riconoscimento della cittadinanza italiana (art.11, c.1, lett. c del d.P.R. n.394/1999).
Una volta iscritto all'anagrafe, lo straniero inizierà il procedimento per il riconoscimento della cittadinanza italiana, presentando i documenti necessari.
Prima di recarsi all'Ufficio di Stato Civile è necessario prenotare un appuntamento.
Estratto dell’atto di nascita dell’avo italiano emigrato all’estero rilasciato dal comune italiano ove egli nacque.
atti di nascita, muniti di traduzione ufficiale italiana, di tutti i suoi discendenti in linea retta, compreso quello della persona che chiede il riconoscimento della cittadinanza italiana.
Atto di matrimonio dell’avo italiano emigrato all’estero, munito di traduzione ufficiale italiana se formato all’estero.
Atti di matrimonio dei suoi discendenti, in linea retta, compreso quello dei genitori della persona che chiede il riconoscimento della cittadinanza italiana.
Certificato rilasciato dalle competenti Autorità dello Stato Estero di emigrazione, munito di traduzione ufficiale in lingua italiana, attestante che l’avo italiano a suo tempo emigrato dall’Italia non acquistò la cittadinanza dello Stato estero di emigrazione anteriormente alla nascita dell’ascendente dell’interessato.
Certificato rilasciato dalla competente Autorità consolare italiana attestante che né gli ascendenti in linea retta né la persona che richiede il riconoscimento della cittadinanza italiana vi abbiano mai rinunciato ai termini dell’art. 7 della legge 13 giugno 1912, n. 555 e della legge 5 febbraio 1992 n. 91.
Passaporto (con regolare visto apposto dalla nostra Autorità all'estero, avrà un timbro d'ingresso, che dà la decorrenza dei 3 mesi, apposto dalla nostra Polizia di frontiera nell'aeroporto italiano in cui la persona è atterrata, in caso abbia volato direttamente dal Sud America (o da altro Stato extra Schengen) all'Italia. Dovesse invece aver fatto scalo in un altro Paese Schengen , di cui l'Italia fa parte (ad esempio la Spagna), all'arrivo in Italia dovrà entro 8 giorni recarsi in Questura per effettuare la dichiarazione di presenza.
domanda per riconoscimento cittadinanza iure sanguinis.
I documenti di stato civile, devono essere tradotti integralmente e legalizzati, e devono riguardare di tutta "la catena": dall'avo, cioè il parente partito dall'Italia e fino al rivendicante il possesso della cittadinanza per sangue ("di morte" ovviamente solo per chi è già deceduto), e il certificato di non naturalizzazione straniera (con tutti i possibili cognomi/nomi/alias in cui l'avo è indicato sugli atti di stato civile), o certificato di naturalizzazione con data di acquisto della cittadinanza straniera ben chiara (diversamente è necessario presentare copia della sentenza di naturalizzazione straniera da cui risulta la data del giuramento), che deve essere successiva alla nascita del figlio, nonché ascendente dell’istante.
Inoltre, se il richiedente fosse a conoscenza di un'eventuale naturalizzazione di un altro membro della "catena", o se uno di questi si fosse trasferito in un altro Stato, anche per lui certificato di non naturalizzazione (sempre con tutti i possibili cognomi/nomi/alias in cui egli è indicato sugli atti di stato civile), o di naturalizzazione con data chiara, a seconda del caso.I certificati di cui al punto 6 e 7 sono acquisiti dall’ufficio.
Eventuali sentenze devono poi essere prodotte a corredo dell'istanza, in regola con le formalità di traduzione e legalizzazione.
L'iscrizione nell'Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR) e, successivamente, il riconoscimento della cittadinanza italiana quale discendente di cittadino italiano.
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Non è previsto nessun costo per l’attività dell’ufficio di stato civile. Per assolvere gli obblighi relativi all’imposta di bollo occorre una marca da bollo di € 16,00 per la domanda.
Secondo un parere del 2016 dell'Ufficio III della Direzione Generale per gli Italiani all'Estero e le Politiche Migratorie del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, competente per le questioni attinenti alla cittadinanza, la validità dei documenti e certificati stranieri è da considerarsi analoga a quella prevista per i documenti italiani, prevista dall'art. 41 del d.P.R. 445/2000, in cui è affermato che: " I certificati rilasciati dalle pubbliche amministrazioni attestanti stati, qualità personali e fatti non soggetti a modificazioni hanno validità illimitata. Le restanti certificazioni hanno validità di sei mesi dalla data di rilascio se disposizioni di legge o regolamentari non prevedono una validità superiore.".
Pertanto è indispensabile chiarire cosa si intenda per documento "non soggetto a modificazioni", e in linea generale si possono dare le seguenti indicazioni:
i certificati e gli atti di morte hanno validità illimitata;
tutta la documentazione relativa a persone decedute e rilasciata in una data successiva al loro decesso, ha validità illimitata;
tutta la rimanente documentazione ha validità di 6 mesi.
Si tenga comunque presente che, non avendo la normativa italiana previsto un elenco esaustivo dei documenti che abbiano validità illimitata, la definizione di documento "non soggetto a modificazioni" può essere oggetto di valutazione da parte del pubblico funzionario che riceve la documentazione, e in ogni caso, in presenza di dubbi rispetto ai dati contenuti nella documentazione presentata (in particolare se riguarda persone viventi e la documentazione non sia recente, anche se relativa d atti e certificati di morte o documenti di persone decedute), può essere richiesto alle autorità straniere la verifica della validità di tali dati (e in questo caso il procedimento per il quale è stata richiesta la documentazione viene sospeso fino alla risposta dell'autorità straniera), oppure potrebbe essere considerata non ricevibile qualora sia stata rilasciata da oltre 6 mesi.
In caso ci siano nomi, cognomi, date di nascita, età errati, altri errori, incongruenze e più in generale mancanza di corrispondenze sugli atti di stato civile, queste discordanze vanno rettificate dall’Autorità Straniera.
Relativamente alle discordanze, si ricorda quanto disposto dalla Direzione Centrale per i Diritti Civili, la Cittadinanza e le Minoranze del Ministero dell’interno: “…condizione imprescindibile per poter procedere al riconoscimento in via amministrativa dello status civitatis jure sanguinis nei confronti di discendenti italiani emigrati all’estero è la dimostrazione inequivocabile documentalmente comprovata, della discendenza di costoro dal soggetto originariamente investito dello status di cittadino … attese le numerose discordanze esistenti tra gli atti prodotti che non hanno consentito una sicura ricostruzione della discendenza, né l’acquisizione di elementi certi sulle vicende di cittadinanza degli avi dell’interessato… solo le Autorità straniere possono sanare le predette discordanze attraverso l’effettuazione delle opportune verifiche, ove ne sussistano i presupposti”.
L’Ufficiale di Stato Civile è un’autorità amministrativa che si avvale, nello svolgimento dei suoi compiti, di prove esclusivamente documentali e quindi necessita degli atti indicati per legge e non può prestarsi a “interpretare” quanto ricevuto; ai sensi dell’art. 9 del d.P.R. 396/2000 “l’ufficiale dello Stato Civile è tenuto ad uniformarsi alle istruzioni che vengono impartite dal Ministero dell’interno”.
Le discordanze riscontrate verranno comunicate agli interessati secondo quanto previsto dalla L. n. 241/1990, che regolamenta il procedimento amministrativo; in base a quanto previsto dall’art. 10 bis si procederà a comunicare quanto, negli atti di Stato Civile stranieri, dovrà essere rettificato dall’Autorità Straniera.
Il Regno d’Italia fu costituito il 17 marzo 1861. Il Veneto entrò a farne parte nel 1866, ed il Friuli Venezia Giulia dal 16 luglio 1920.
Gli uffici di stato civile sono stati costituiti nel Regno dal primo gennaio 1866, mentre nel Veneto dal primo settembre 1871 e nel Friuli Venezia Giulia e in Trentino dal primo settembre 1924.
L’avo dal quale deriva la cittadinanza italiana del richiedente deve essere nato successivamente alla data di costituzione del Regno d’Italia, o alla data di annessione degli altri territori. Se è nato prima, e poi si è trasferito all’estero, occorre verificare la data della sua morte, che deve essere avvenuta successivamente alle sopraindicate date: in tal caso l’avo è deceduto come cittadino italiano, potendo quindi trasmettere il nostro status civitatis.
Se la morte, al contrario, è avvenuta in data antecedente, l’avo è morto come cittadino straniero facente parte dello Stato da cui era partito, e quindi anche i suoi discendenti sono rimasti stranieri.
Se l’avo è nato prima della istituzione degli uffici di stato civile e, quindi, non è possibile avere il suo atto di nascita, l’interessato deve presentare il certificato di battesimo rilasciato dalla parrocchia, autenticato dalla Curia Vescovile competente. Occorre solo per verificare che lo stesso sia nato su territorio italiano o che è stato annesso al Regno (Ministero dell'Interno - Massimario dell'Ufficiale di Stato Civile anno 2012)
Per questo accertamento il richiedente deve presentare:
L’estratto dell’atto di nascita dell’avo emigrato;
Gli atti di nascita di tutti i discendenti, compreso quello del richiedente;
Gli atti di matrimonio dell’avo emigrato e di tutti i discendenti, compreso quello del richiedente, se coniugato;
L’atto di morte dell’avo emigrato che sia nato prima della costituzione del Regno d’Italia. Tale atto, benchè non indicato nella circolare del 1991, serve a verificare che il decesso sia avvenuto dopo il 17 marzo 1861.
Gli atti di stato civile formati all’estero debbono essere presentati in regola con le norme sulla traduzione e sulla legalizzazione, o apposizione del timbro di cui alla convenzione dell’Aja del 5 ottobre, almeno che non ci siano convenzioni che esentano da tali formalità.
In vigenza dell’art. 1 della abrogata legge 13 giugno 1912, n. 555, la cittadinanza veniva trasmessa solo per via paterna; la madre poteva trasmetterla solo in particolari situazioni. Solo nel 1983 la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale tale articolo, stabilendo che la cittadinanza italiana potesse essere trasmessa anche dalla madre, con decorrenza dal primo gennaio 1948.
Alla luce di ciò l’ufficiale di stato civile nell’esaminare gli atti presentati dal richiedente il riconoscimento deve prestare attenzione alle date di nascita dei discendenti dell’avo, e, se sono nati da madre prima del primo gennaio 1948, essi non sono italiani, e la trasmissione della cittadinanza si è interrotta.
Può capitare che il richiedente non possa produrre un atto di nascita dei discendenti, in quanto mai formato nel Paese straniero, oppure presenti un documento denominato «negativo di nascita». In mancanza di tale atto non si può procedere, perchè non si può verificare la continuità della discendenza. In questi casi l’ufficiale di stato civile deve rifiutare la richiesta di riconoscimento indicando i motivi del rifiuto.
Gli interessati potranno veder soddisfatta la loro richiesta soltanto rivolgendosi alla autorità giudiziaria.
Per verificare tale requisito il richiedente deve presentare un certificato rilasciato dall’autorità straniera competente dal quale risulti che l’avo italiano emigrato non si sia naturalizzato, cioè non abbia acquistato la cittadinanza dello Stato estero di emigrazione.
Anche tale documento deve essere in regola con le formalità della traduzione e legalizzazione.
Nel caso sia avvenuta la naturalizzazione, l’avo ha perso la cittadinanza italiana, e, pertanto, ha interrotto la trasmissione della stessa ai suoi discendenti.
Il punto 2 dell’art. 8 della abrogata legge 555/192 specificava che: «Perde la cittadinanza ... chi, avendo acquistato senza concorso di volontà propria una cittadinanza straniera, dichiari di rinunziare alla cittadinanza italiana e stabilisca o abbia stabilito all’estero la propria residenza».
Occorre, pertanto, verificare che un ascendente del richiedente, o il richiedente stesso, non abbia dichiarato di rinunciare alla nostra cittadinanza.
A questo punto è l’ufficiale di stato civile che, dopo aver ottenuto tutta la documentazione, deve chiedere al Consolato competente per residenza del richiedente e dei suoi ascendenti una attestazione dalla quali risulti che nessuno (dall’avo italiano emigrato al richiedente il riconoscimento della cittadinanza) abbia mai espresso rinuncia alla cittadinanza italiana:
Per verificare correttamente quale sia il Consolato competente a cui richiedere la sopracitata attestazione, è indispensabile che nel presentare la richiesta per il riconoscimento della cittadinanza italiana, l’interessato sia quanto più possibile preciso nell’indicare i luoghi di residenza e di formazione degli atti di stato civile di se stesso e dei suoi ascendenti.
Al fine del riconoscimento della cittadinanza italiana ai sensi della circolare ministeriale K.28.1 dell’ 8 aprile 1991, si ritiene che, qualora un Consolato, al quale si sia rivolto un Comune italiano per conoscere se una o più persone abbiano rinunciato alla cittadinanza italiana, comunichi che quelle persone non sono conosciute alla rappresentanza diplomatica, tale risposta sia compiutamente soddisfacente. Infatti, se un soggetto non è conosciuto alla rappresentanza diplomatica e non esiste un fascicolo a lui intestato, significa che non ha rinunciato alla cittadinanza.
L’iscrizione nell’Anagrafe della popolazione residente del Comune dovrà essere mantenuta fino alla conclusione del procedimento di acquisto della cittadinanza italiana, e la cancellazione dall’anagrafe comporterà automaticamente l’interruzione di tale procedimento.
Se la persona risiede all'estero è l'Autorità consolare italiana competente per territorio e cioè quella della giurisdizione in cui abita la persona stessa.